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Rosita Grande Aracri: richiesta di otto anni di carcere per l’imprenditrice legata alla ‘ndrangheta

Rosita Grande Aracri, imprenditrice legata alla ‘ndrangheta, è accusata di associazione mafiosa con una richiesta di condanna a otto anni. Il processo evidenzia le infiltrazioni mafiose nel settore delle costruzioni.

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Rosita Grande Aracri: richiesta di otto anni di carcere per l'imprenditrice legata alla 'ndrangheta - Tuttomodenaweb.it

La questione dell’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico italiano continua a far discutere, con nuovi sviluppi che coinvolgono figure significative in processi legati alla ‘ndrangheta. L’ultimo caso riguarda Rosita Grande Aracri, imprenditrice di Brescello, per la quale il pubblico ministero della DDA di Bologna, Beatrice Ronchi, ha richiesto una condanna a otto anni di carcere. La Grande Aracri è accusata di associazione mafiosa nel processo noto come ‘Grimilde-bis’, un angolo buio della giustizia italiana che mette a nudo le interconnessioni tra attività imprenditoriali e organizzazioni criminali.

La storia familiare di Rosita Grande Aracri

Nata nel 1983, Rosita Grande Aracri è nipote di Nicolino Grande Aracri, un boss del clan di Cutro, e figlia di Francesco Grande Aracri, condannato a ben 24 anni di carcere per mafia nel principale filone del processo ‘Grimilde’. La sua storia familiare rivela una fitta rete di legami con la criminalità organizzata. Anche i suoi due fratelli hanno subito condanne per reati legati all’associazione mafiosa, rendendo il nome Grande Aracri noto agli occhi della legge. Salvatore ha ricevuto una pena di 14 anni e 4 mesi, mentre Paolo è stato condannato a 9 anni, segnando ulteriormente il segno della presenza mafiosa al nord.

Questa famiglia, dunque, si colloca nel cuore della strategia mafiosa di espansione, con Rosita che, secondo l’accusa, non sarebbe stata una semplice osservatrice ma una partecipante attiva. Questo legame con la criminalità organizzata non è solo un fatto di sangue, ma costituisce un peculiare trait d’union tra affari legali e il mondo della mafia. Infatti, la sua impresa, Eurogrande Costruzioni Srl, appare da subito sotto i riflettori per possibili collusioni con attività illegali.

Le accuse e il processo in corso

Il processo contro Rosita Grande Aracri si svolge attualmente davanti al gup di Bologna, Roberta Malavasi. L’accusa formula una serie di pesanti capi, sostenendo che la 42enne fosse “pienamente informata di strategie, iniziative, affari e problemi riguardanti la consorteria mafiosa” e che avesse fornito un costante supporto alla stessa. Durante gli interrogatori, è emerso che l’imprenditrice avrebbe continuamente agito sotto le indicazioni di suoi parenti, trovandosi così a facilitare le operazioni mafiose.

La tesi accusatoria del pm Ronchi dipinge un quadro inquietante, mostrando come Rosita, nel suo ruolo imprenditoriale, si sarebbe occupata di operazioni strategiche per garantire alla cosca una presenza solida nel mercato, anche a livello internazionale. Non solo, nei momenti di crisi della cosca, la donna sarebbe stata un ponte tra l’organizzazione e i partner esterni, contribuendo alla sopravvivenza del clan nel mondo degli affari. Durante le udienze, si è parlato di intercettazioni telefoniche che svelerebbero i suoi tentativi di eludere le investigazioni.

Direttive in carcere e strategie imprenditoriali

Un aspetto inquietante emerso durante le indagini riguarda le comunicazioni tra Rosita e suo padre, Francesco, durante la sua detenzione. Le intercettazioni hanno rivelato che la donna avrebbe ricevuto stringenti direttive su come gestire la situazione imprenditoriale della famiglia, puntando a evitare sequestri e facilitare operazioni clandestine. Ciò evidenzia una complicità profonda tra i membri della famiglia, in cui Rosita gioca un ruolo cruciale nella gestione delle attività illecite.

Particolarmente emblematico un passaggio in cui la Grande Aracri, intercettata, parlava di necessità di ritornare “all’eremita” per poter continuare a operare senza il rischio di essere individuati dalle forze dell’ordine. Le implicazioni di tali affermazioni, unite alla gravità delle accuse, pongono interrogativi sul ruolo delle donne nel rafforzare le strutture mafiose e sulla loro capacità di manovra in un contesto tanto complesso.

Conseguenze e sviluppo del processo

Il caso di Rosita Grande Aracri si inserisce in un quadro più ampio di lotta contro la mafia in Italia, dove altri nove imputati hanno già patteggiato pene in relazione a questo stesso filone processuale. Questo aspetto evidenzia non solo una dimensione personale legata alla famiglia Grande Aracri, ma anche come le strategie mafiose riescano a infiltrarsi in contesti imprenditoriali legittimi, generando preoccupazione tra le autorità.

La richiesta di pena avanzata dal pubblico ministero non rappresenta solo una battaglia contro un’individua, ma è una lotta per ripristinare la legalità in un settore, quello delle costruzioni, spesso punto di riferimento per attività illecite. Ogni sviluppo del caso verrà monitorato con attenzione, nell’attesa di un verdetto che possa segnare una tappa significativa nella missione della giustizia italiana di combattere la criminalità organizzata.