Emergenza migrazioni climatiche: 33 milioni di sfollati nel mondo e 150 mila italiani in fuga
Nel 2023, 33 milioni di persone sono sfollate a causa di fattori climatici, con l’Italia che registra 150 mila migranti. La mancanza di protezione giuridica per questi individui è una questione urgente.

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Nel 2023, il mondo ha assistito a un aumento allarmante del numero di sfollati a causa di fattori climatici, con ben 33 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case. Questo fenomeno, noto come migrazione climatica, ha attirato l’attenzione della comunità internazionale, in particolare durante eventi come la Venice Climate Week. La consulente delle Nazioni Unite, Angelica De Vito, ha evidenziato come questo problema colpisca anche l’Italia, dove 150 mila cittadini hanno abbandonato le loro località per cercare condizioni di vita migliori, principalmente a causa di alluvioni e siccità.
La migrazione climatica: un fenomeno globale
Negli ultimi anni, il termine “migrante climatico” è diventato parte integrante del dibattito globale sulle migrazioni. Questi individui sono costretti a spostarsi non per motivi politici o economici, ma a causa di sfide ambientali che mettono in discussione i diritti fondamentali, come l’accesso a cibo e acqua. La mancanza di una definizione giuridica chiara rende difficile riconoscere i diritti di questi migranti, lasciandoli in una situazione di vulnerabilità. Durante il 2023, i dati internazionali hanno mostrato che la maggior parte di questi 33 milioni di sfollati proviene da aree colpite da disastri naturali, come uragani, incendi e alluvioni.
L’urbanizzazione crescente e la degradazione ambientale contribuiscono a generare situazioni di crisi che costringono le persone a lasciare le loro terre. L’inefficacia delle politiche ambientali nel mitigare i cambiamenti climatici amplifica il problema, portando a migrazioni di massa che spesso sfociano in conflitti e tensioni sociali.
Italia e migrazioni climatiche: una realtà allarmante
In Italia, la situazione si fa critica. Secondo l’analisi dell’esperta De Vito, circa 150 mila italiani hanno dovuto emigrare nel 2023, con una prevalenza dall’Emilia Romagna, recentemente colpita da eventi alluvionali devastanti, e dalla Sicilia, alle prese con problematiche legate alla siccità. Le regioni colpite rappresentano non solo la realtà di un’emergenza ambientale, ma riflettono anche un problema sociale che richiede attenzione immediata da parte delle istituzioni.
Molti di questi migranti, lasciando le loro case, abbandonano non solo beni materiali, ma anche un legame profondo con il territorio. Le cause climatiche, quindi, non sono solo un problema individuale ma un problema collettivo che impatta sull’ecosistema sociale e culturale del paese.
Verso una categoria giuridica per i migranti climatici
La questione dell’assenza di una protezione giuridica per i migranti climatici ha portato a un dibattito interessante nel contesto della Venice Climate Week. Angelica De Vito ha sollevato interrogativi su come le migrazioni legate ai cambiamenti climatici possano essere classificate in modo simile alle migrazioni forzate, come quelle legate a conflitti e persecuzioni. La necessità di una categorizzazione legale specifica è sempre più pressante, soprattutto per garantire protezione e diritti a chi si trova in una condizione di emergenza.
La creazione di una categoria giuridica dedicata ai migranti climatici potrebbe offrire una via d’uscita per affrontare le sfide attuali. Gli esperti esortano la comunità internazionale a considerare questo aspetto come prioritario, affinché le persone colpite possano essere tutelate e ricevere assistenza adeguata. La risposta a queste sfide non può più essere procrastinata, ma richiede azioni incisive e tempestive.
Verso il futuro, le politiche dovranno necessariamente adattarsi a questa nuova realtà, riconoscendo ufficialmente l’esistenza e la vulnerabilità dei migranti climatici, per costruire un mondo più giusto e inclusivo.