Sequestro di beni per 42 milioni a imprenditore campano legato al clan Puca
La Guardia di Finanza di Napoli sequestra beni per 42 milioni a un imprenditore legato al clan Puca, evidenziando il contrasto alla criminalità organizzata e alle attività illecite nel settore immobiliare.

Sequestro di beni per 42 milioni a imprenditore campano legato al clan Puca - Tuttomodenaweb.it
La Guardia di Finanza di Napoli ha sequestrato beni per un valore complessivo di quasi 42 milioni di euro a un imprenditore di 63 anni, deferito per i suoi legami con il crimine organizzato. L’uomo, già condannato per concorso esterno in associazione camorristica e per trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, si trovava già in detenzione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Questa operazione si inserisce nell’ambito delle indagini della Polizia Economico-Finanziaria, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, e ha portato alla scoperta di un patrimonio notevole il cui valore ci si aspetta possa dare un colpo significativo alle attività illecite del clan Puca.
Beni sequestrati e aziende coinvolte
Il sequestro disposto dalla sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli ha coinvolto un numero impressionante di beni e aziende. Sono state confiscate le quote di sei società, oltre a 126 immobili e terreni situati nelle province di Ravenna, Caserta e Frosinone. Inoltre, sono stati bloccati sei veicoli di lusso, tra cui un’Audi Q8 e un’Audi A3, che rappresentano solo una parte della cospicua flotta di auto di valore riconducibili all’imprenditore. A completare l’operazione, sono stati sequestrati anche vari rapporti bancari alimentati dai guadagni delle attività illecite.
Questa azione non è solo un semplice sequestro; è una chiara dimostrazione della determinazione della Guardia di Finanza a contrastare non solo i crimini individuali, ma anche la rete di imprese utilizzate dai clan mafiosi per riciclare denaro sporco. Le società allevate dall’imprenditore erano intestate a prestanome e sono state utilizzate per operazioni immobiliari speculative, un metodo consolidato per immettere capitali illeciti nel mercato legale.
L’indagine della Guardia di Finanza
L’indagine che ha portato a questo pesante sequestro è stata condotta dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e Bologna, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia. Le forze di polizia hanno ricostruito un quadro complesso e dettagliato sull’imprenditore, dimostrando che, nonostante la sua detenzione, continuava a gestire attività attraverso prestanome, mantenendo un’influenza notevole nel settore immobiliare.
Le ricerche hanno coinvolto non solo il soggetto in questione, ma anche i membri della sua famiglia, rivelando una significativa assenza di reddito dal 1998 al 2025, evidente rispetto al patrimonio considerevole che possedeva. Questa discrepanza ha sollevato sospetti sull’origine dei fondi usati per acquistare beni di lusso e partecipazioni aziendali, tutte riconducibili al protagonista di questa vicenda e ai suoi legami con il clan Puca. La famiglia, implicata in questa attività di amministrazione occulta, ha visto il proprio coinvolgimento nella gestione di beni illeciti, rafforzando l’ipotesi di un’organizzazione criminale così fitta da non lasciare margini di manovra.
Il clan Puca e le sue operazioni
Il clan Puca è un’organizzazione mafiosa radicata nei comuni dell’area napoletana, in particolare a Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano. Questo gruppo non solo ha operato in modo prepotente nel territorio regionale, ma ha anche esteso la sua influenza ad altre aree, compresa l’Emilia-Romagna. Attraverso il controllo del mercato immobiliare e attività di riciclaggio, il clan ha alimentato un circolo vizioso di criminalità economica, garantendo a imprenditori ligati a loro un accesso facilitato ai capitali derivanti da attività delinquenziali.
La gestione dei fondi illeciti attraverso società di comodo, intestate a prestanome, è una pratica comune nella narrazione mafiosa, utilizzata per mascherare il vero proprietario delle aziende e dei beni. Questo schema non solo rende più difficile l’individuazione delle responsabilità, ma permette anche al clan di reinvestire i proventi ottenuti tramite attività illecite in settori apparentemente legittimi. Le indagini attuali stanno continuando a svelare l’entità di questo sistema, portando alla luce la fitta rete di connivenze e attività illecite che permeano l’asse Napoli-Emilia-Romagna.
L’operazione della Guardia di Finanza si configura quindi come uno dei provvedimenti più incisivi per colpire le finanze mafiose e riunire sotto i riflettori la lotta contro la criminalità organizzata in Italia.