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Faenza: donna condannata per maltrattamenti ai danni del figlio, studio obbligatorio fino a mezzanotte

Una madre di Faenza condannata a tre anni e sei mesi per maltrattamenti sul figlio, costretto a studiare in piedi e sottoposto a pratiche igieniche estreme. Sospesa la potestà genitoriale.

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Un caso di maltrattamenti familiari sta facendo tremare Faenza, dove una donna di quarant’anni è stata condannata per aver esercitato una pressione insostenibile sul proprio figlio, imponendogli di studiare in piedi fino a tarda notte e costringendolo a pratiche di igiene estreme. La sentenza, emessa dal tribunale di Ravenna l’11 giugno, rivela una realtà drammatica che ha condotto anche alla sospensione della potestà genitoriale e a un risarcimento provvisionale.

Una madre ossessionata da studio e igiene

La figura di questa madre emerge dalle carte processuali come quella di una persona ossessionata da risultati scolastici e igiene. La sua necessità di mantenere standard elevati ha sfociato in violenza fisica e psicologica nei confronti del figlio, oggi adolescente. Non si tratta semplicemente di una disciplina severa, ma di un controllo maniacale che ha portato a punizioni severe, inclusi schiaffi, calci e umiliazioni. Il bambino era costretto a rimanere in piedi durante lo svolgimento dei compiti, senza mai potersi concedere un momento di tregua. Il racconto dell’ex marito è illuminante: «Mio figlio veniva accolto in casa senza poter appoggiare i piedi per terra, portato direttamente in bagno».

Evidentemente, l’idea di pulizia non si limitava alla casa, ma si estendeva alla psicologia del ragazzo. La donna imponeva comportamenti ritualistici che rasentavano l’assurdo, costringendo il figlio a una routine di disinfezione prima di varcare la soglia domestica. Il marito ha anche rivelato che, dopo l’entrata in famiglia, era costretto a rimanere in piedi per un’ora prima di ricevere le chiavi di casa. Questo clima di terrore e controllo ha creato un ambiente in cui la paura ha preso il sopravvento.

Il contesto delle violenze e le reazioni

Le violenze perpetrate dalla donna hanno trovato conferma in avvenimenti specifici, come quello avvenuto a maggio 2021, dove la madre ha spruzzato uno spray sul bambino, causando dolore e bruciore. La situazione, già di per sé allarmante, si è aggravata ulteriormente quando il ragazzo ha tentato di rifugiarsi in camera sua per sfuggire alle angherie, trovandosi nuovamente a subire punizioni. Questo episodio ha spinto il ragazzo a chiedere aiuto al padre, un gesto che ha avviato una spirale di eventi che ha portato alla denuncia della donna.

Il padre, dopo aver accompagnato il ragazzo dai carabinieri e al pronto soccorso, è diventato il fulcro di un’inchiesta che ha scoperchiato dinamiche familiari malate. Dopo essersi trovato inizialmente dalla parte sbagliata della legge, accusato di maltrattamenti, è emerso come la vera vittima, mentre le indagini hanno iniziato a dare ascolto alla voce del minore. Gli inquirenti hanno quindi potuto raccogliere elementi a sostegno della difesa del padre, portando all’accusa formale della madre.

La sentenza e le prospettive legali

La sentenza di condanna ha inflitto alla donna tre anni e sei mesi di reclusione, con l’aggiunta della sospensione della potestà genitoriale. Il procedimento legale ha riconosciuto il diritto dell’ex marito e del figlio a ricevere un risarcimento provvisionale di 20mila euro, posizionandosi come parte civile nel procedimento. La decisione della corte ha rispecchiato una volontà di proteggere il minore, sottolineando le gravi conseguenze psicologiche e fisiche subite dal ragazzo.

L’avvocato difensore della donna, Antonio Gambetti, ha espresso il rammarico per la pena inasprita rispetto ai due anni e mezzo di reclusione richiesti dalla procura, evidenziando il peso che questa condanna avrà sulla vita della donna e sul suo rapporto con il figlio. Si prevede che ci sarà un ricorso in appello, poiché la madre ha sempre negato le accuse, sostenendo di aver trattato il bambino in modo adeguato, descrivendo il suo comportamento come quello di un “maggiordomo” portato a garantire standard di qualità di vita.

Le dinamiche familiari in questo caso rimandano a questioni più ampie legate ai diritti dei minori e alla necessità di proteggere i bambini da situazioni di abuso. La comunità di Faenza si interroga ora sulle misure da adottare per evitare che simili tragedie si ripetano, richiedendo un’attenzione maggiore nei casi di violenza domestica e maltrattamenti.